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SABRINA MILAZZO | INTERVISTA

TORINO – Un Topolino tutto nero, dai tratti indefiniti ma dall’aria aggressiva e minacciosa, poi ecco Tippete il coniglio, tutto rosa con riflessi azzurri, o Pippo, anche lui “glassato” e attonito, con il gesto e l’espressione fissata dalla materia che gli è piombata addosso. I personaggi di Walt Disney sono grandi e tridimensionali, ma i loro colori sgargianti, le smorfie e le risate sono cancellati da una sostanza gelatinosa che li rende quasi reperti pompeiani, sorta di mutanti che ci raccontano come i sogni possano svanire così come le fantasie fanciulle e i desideri.

Artefice di queste metamorfosi è Sabrina Milazzo, torinese, pittrice dalla tecnica sopraffina, diplomata all’Accademia Albertina e protagonista del 2003 di mostre personali e collettive in Italia e all’estero. A PUNTO SULL’ARTE ha esposto suoi lavori nella mostra dedicata ai formati 15×15 e 20×20, e ha in programma una grande personale, che inaugurerà il 1° febbraio prossimo, dal titolo “MELTING POP”, con molte opere inedite di grandi dimensioni.

 

M.C.: Pittrice si nasce o si diventa?

«Non ci sono stati modelli in famiglia, la pittura è una mia passione da sempre, incominciata al liceo e poi all’Accademia Albertina. Certo, non è facile oggi dire “faccio la pittrice” e trovare lavoro. Dopo anni di fatica avevo trovato finalmente unaGgalleria a San Giovanni Valdarno, che oggi purtroppo ha chiuso, e da lì ho intrapreso il mio cammino. Alessandra Redaelli mi ha poi parlato di PUNTO SULL’ARTE, è stato amore a prima vista».

M.C.: Lei ha incominciato il suo percorso partendo dal corpo, dipingendo sé stessa e alcuni modelli occasionali.

«La mia tesi, infatti, l’ho dedicata al nudo nell’arte, e la prima ricerca pittorica è stata proprio su nudo ed erotismo. Fotografavo coppie di ragazzi che incontravo per strada e poi dipingevo il loro amore, a volte anche omosessuale, oppure riprendevo me stessa. Ho realizzato sette miei autoritratti dedicati a diversi stati psicologici: normale, introversa, sognatrice, gotica, punk, ai limiti ed estroversa, mutando il mio aspetto come fa un’attrice, con magari il desiderio inconscio di essere davvero una delle mie immaginarie sosia. Il lavoro piacque molto a una critica come Viviana Siviero, e andò in mostra alla Galleria Allegretti di Torino. Poi arrivò il ciclo sulla gravidanza, prima però che io stessa rimanessi incinta. Dipingevo madri moderne e giovani, con tatuaggi e piercing, per dimostrare che, nonostante l’aspetto, l’amore di una madre rimane quello. Questo lavoro ha posto fine al ciclo sull’amore e sui diversi caratteri di una persona».

M.C.: Come è passata dal dipingere ritratti a realizzare la serie sui pupazzi di Walt Disney?

«Finito il lavoro sul corpo mi sono messa a dipingere nature morte, anche su commissione, opere perfette dal punto di vista tecnico e formale, ma uguali a tante altre, non le sentivo mie fino in fondo, e qualcuno mi diceva: “I tuoi lavori sono splendidi, ma sembrano fotografie”. Così, ispirata in parte da Will Cotton, l’artista americano che inventa paesaggi composti da torte e dolci di ogni sorta spesso “abitati” da figure femminili, ho cercato qualcosa che mi rappresentasse totalmente, e le mie nature morte si sono trasformate in luoghi della fantasia. Ho messo a punto questa sostanza naturale che produco in casa con minimi costi, e la colo sugli oggetti: ho incominciato con le verdure, per creare paesaggi immaginari, poi sono passata ai pupazzi di Walt Disney. Sono quelli della serie Ledra, degli anni ’60, che trovo su eBay o nei mercatini»

M.C.: Come avviene la metamorfosi?

S.M.: «In modo molto semplice. Sul pupazzo faccio colare la “glassa”, poi lo fotografo con luci colorate, cangianti. Faccio diversi scatti e poi ne assemblo uno elaborato da più immagini, che mi serve per creare il quadro. Nelle mie tele -uso quelle di lino, le più resistenti, che preparo prima di dipingerle con i colori a olio- gli asparagi e i broccoli diventano alberi, i funghi case, mentre i pupazzi ci mostrano come l’infanzia e i sogni della giovinezza si “sciolgano” allo stesso modo della loro fisionomia. Ciò che conta è ottenere l’effetto tridimensionale, che dà agli oggetti l’aspetto di sculture».

M.C.: Cosa porterà alla personale di PUNTO SULL’ARTE?

S.M.: «La serie di Biancaneve e i sette nani, di grande formato, sette paesaggi di natura, i pupazzi “neri” oltre ad altri soggetti come per esempio il Grillo Parlante, opere in parte inedite».

Come concilia il suo lavoro con la maternità?

«Mia figlia Luce ha appena compiuto quattro anni. Nei primi tre mi sono dedicata completamente a lei, l’ho allattata personalmente. Ora che frequenta la scuola materna, ho ripreso a lavorare, anche se non con i ritmi che tenevo prima della gravidanza, quando incominciavo alle 8 del mattino e finivo a volte anche alle dieci di sera. La mia è sempre stata una passione forte per la pittura».

M.C.: Cosa ama fare Sabrina Milazzo quando non dipinge?

S.M.: «Mi piace cucinare, sono eclettica, piatti piemontesi ma anche l’arrosto con le albicocche o le prugne, la farinata ligure, la pizza e qualche torta. Amo la fotografia, che utilizzo nel mio lavoro».

M.C.: Come si trova a vivere a Torino?

S.M.: «Dal punto di vista professionale non benissimo. Torino è una città esterofila per l’arte, è difficile trovare galleristi che puntino su artisti locali, la stessa fiera “Artissima” privilegia gli stranieri. Però offre molte bellezze, la mia preferita è la reggia di Venaria Reale, a due passi da casa mia, ci vado a vedere splendide mostre e a camminare nel parco».

Mario Chiodetti

Pubblicato il 25/01/2020

Tag: INTERVISTA/interview, Sabrina Milazzo